La Calabria sta per attraversare uno dei momenti più “drammatici” della sua storia in quanto la pandemia ha “colpito” duramente un corpo (la nostra terra) già indebolito da decenni di sottosviluppo e precarietà. Scrivo questa nota con la rabbia, l’amarezza e la delusione data dall’aver già visto in passato tante sperate “rinascite”, tante manovre “miracolose” che dovevano “guarire”, riallineare il meridione al resto del paese. Manovre e speranze, tutte, fallite. Abbiamo davanti a noi “una tempesta perfetta” che rischia di affondare in modo definitivo la nostra Regione, sia dal punto di vista economico e sociale che dei valori assoluti, come libertà e la democrazia. Vi sono degli elementi che nel loro insieme sono l’innesco di uno tsunami senza precedenti dalle conseguenze devastanti: - La situazione di enorme precarietà socio economica della nostra terra, che ha contrassegnato gli ultimi decenni. - La pandemia che ha portato, come una “livella mortale”, all’azzeramento, al blocco di ogni attività economica. Questa situazione ha messo in ginocchio la poca economia presente, portando da un giorno all’altro molta gente allo stato di povertà assoluta. - La presenza delle criminalità organizzata che sta occupando gli spazi lasciati liberi dalle Istituzioni. La ndrangheta, come sta emergendo dalle forti prese di posizioni dei Procuratori, sta già proponendosi con una forma alternativa di “welfare” dando sostegno economico ed alimentare alle famiglie bisognose, ma appropriandosi in tal modo del sistema produttivo immettendo in esso, anche grazie a prestanome, capitali sporchi frutto delle attività criminose.
Questi elementi che nel loro insieme stanno determinando la distruzione delle basi democratiche di un territorio, aggravate ancor di più dalla sfiducia generata dalla messa in libertà pericolosi criminali, sono i segnali di quanto sta per avvenire. Vi è in discussione la tenuta democratica del nostro Paese.
Ma mi chiedo: può ancora oggi il nostro Paese ed anche l’Europa(?), in questo contesto, permettersi questa situazione di gravissimo pericolo? Si può continuare ad accettare questa dis-omogeneizzazione dei suoi territori? Possono in queste gravissime condizioni delle manovre ordinarie riuscire a riavviare, in una situazione ancor più drammatica del passato, il motore del sud? Possiamo tutti noi permetterci alla luce di tutto questo l’ennesimo fallimento?
Ciascuno di noi in un simile contesto ha il dovere di fare la propria parte per contribuire al ritorno ad una “normalità” che non potrà certamente essere come prima. In questi complessi e drammatici momenti abbiamo forse riscoperto l’orgoglio di essere Italiani, di essere una nazione e, al di là delle speculazioni politiche più o meno legittime e morali, ci siamo riappropriati della nostra umanità e della nostra civiltà. Ne usciremo diversi e forse migliori. Credo che anche in confronto con l’arroganza degli altri paesi - uniti solo, da come emerso, da “beceri” interessi economici in una comunità chiamata Europa – abbiamo dimostrato di essere forti ed orgogliosamente portatori di quella “cultura umanistica” che appunto è stata la base della civiltà ed ha messo prima l’uomo ed i suoi valori e poi le cose e non viceversa. Sembra di essere tornati nei millenni passati quando le civiltà del sud (latini e greci) hanno civilizzato il resto dell’Europa, scontrandosi con la barbarie e i disvalori; oggi il corona virus ha fatto anche riemergere quelle primordiali differenze culturali e sociali.
Ripartiremo quindi, e arricchiti da quanto successo lo faremo forse più forti di prima, uniti come diceva Goffredo Mameli: “un'unica Bandiera, una speme”.
Ma premettendo che:
Ø La Calabria e parte del meridione, già prima dell’epidemia, erano le regioni più povere d’Europa con un’elevata arretratezza infrastrutturale, che ha fatto venire meno diritti primari ai cittadini come il diritto alla salute, libertà, studio, trasporti etc… Le carenze infrastrutturali e i trasporti hanno di fatto separato questi territori dal resto del Paese, amplificando la divisione esistente.
Ø Questi territori sono contrassegnati da altissimi livelli di povertà che portano a notevoli flussi migratori dei propri giovani, generando uno “spopolamento” anche culturale.
Ø In tali territori si riscontra un tasso di disoccupazione, in particolare quello giovanile, tra i più alti dei paesi sviluppati al mondo.
Ø Del disallineamento di questi territori si sono occupati tutti i governi dal dopoguerra in avanti e anche le politiche comunitarie, destinando o meglio, visti i risultati, sperperando ingentissime risorse pubbliche.
Ø L’arretratezza oggettiva di questi territori non potrà mai consentire al sistema imprenditoriale di essere competitivo; pur come avvenuto in passato, con l’utilizzo di forti incentivi pubblici (anche dell’80% a fondo perduto) non si è infatti riusciti ad innescare la crescita imprenditoriale sperata e questi strumenti hanno invece consentito molte attività “predatorie” con la realizzazione di cattedrali nel deserto.
Ø Queste condizioni di arretratezza, di scarso sviluppo e di povertà, sono state purtroppo l’humus in cui è cresciuta e si è radicata quella “cultura filomafiosa” che ha fatto espandere il potere della più importante organizzazione criminale al mondo. Organizzazione che oggi controlla e condiziona gran parte di questi territori e che è stata l’unico soggetto che ha tratto beneficio dagli ingenti interventi pubblici destinati a queste aree, contribuendo in modo massiccio al fallimento di ogni intervento.
Ø La presenza costante ed opprimente di questa organizzazione criminale ha fatto si che una cd. “borghesia imprenditoriale e culturale” abbia abbandonato il sud, trasferendo altrove le proprie attività e generando un ulteriore impoverimento.
Ø Il poco di economia presente in questi territori, al di là di importanti realtà di nicchia, è legata al turismo ed all’agricoltura che sino ad oggi garantivano occupazione ed un minimo di sostentamento all’economia.
Ø I cittadini di questi territori stanno subendo in silenzio la privazione di loro diritti fondamentali (diritto alla salute ed alle loro libertà) e stanno pagando sulla loro pelle la migrazione obbligata dei propri figli, pur non essendo i colpevoli di tali degrado, ma ne sono le uniche vittime.
Quanto avvenuto con l’avvento dell’epidemia, ha di fatto bloccato l’economia di tutto il Paese, azzerando tutto. Ma va tenuto conto che:
Ø Una parte fondamentale del paese, il nord Italia, che in questi anni ci ha consentito di essere una delle nazioni più ricche del mondo e che certamente è stato condizionato molto dal fermo, con gli adeguati ed indispensabili interventi pubblici si riavvierà ritornando in tempi ragionevoli ai livelli di competitività precedenti e ad essere la locomotiva del Paese.
Ø In altri territori invece, ed in Calabria in particolare, il blocco dell’economia e del poco di attività presenti, ha spento in modo quasi definitivo il motore produttivo del sud, che già annaspava vistosamente. Questa situazione ha infatti azzerato il turismo, portando alla povertà assoluta un settore che trainava faticosamente quel poco dell’economia regionale.
La pandemia ha riportato in poco tempo il mezzogiorno ad uno stato “di quasi irreversibilità”, accentuandone ancora di più le drammatiche povertà e criticità economiche e sociali.
Le problematiche oggettive sopra rappresentate, rendono preminente la necessità di mettere in campo gli strumenti necessari per far ripartire il sistema economico del mezzogiorno, ma per sperare di ottenere dei risultati concreti occorre partire dall’analisi dei fallimenti del passato e dare risposte con interventi e manovre che diano risposte forti ed in tempi rapidi, visto il livello di povertà materiale e di criticità sociale in cui tali territori si trovano.
Così come rappresentato da importanti Istituzioni, nel mezzogiorno vi è una situazione nella quale il disagio economico e la povertà, insieme al forte radicamento anche sociale della criminalità, possono innescare reazioni sociali molto gravi e radicalizzare ancora di più il ruolo e la funzione di un sistema di “antistato”.
Il Paese tutto, e certamente l’Europa, non si possono permettere che perdurino situazioni nelle quali queste diseguaglianze socioeconomiche possano essere l’innesco di ulteriori fenomeni sociali.
Da ciò la mia proposta per cercare di dare al tessuto imprenditoriale e socioeconomico dei territori in palese difficoltà ed arretratezza una possibilità di poter ripartire in tempi rapidi, non essendo possibile con gli stessi tempi eliminare i “gap” infrastrutturali che hanno fatto fallire ogni altro progetto di sviluppo. Tenendo anche in considerazione che il “freno”, il ritardo infrastrutturale e produttivo di una regione, condiziona le “performance” di tutto il Paese. Proprio per questa ragione la coesione socio economica del territorio è interesse sia nazionale che europeo.
Occorre quindi individuare nel mezzogiorno o in alcune regioni, la Calabria in primis, uno strumento che si potrebbe chiamare “compensatore” e che, partendo dalle criticità e dalle povertà infrastrutturali, possa consentire ad un territorio di avere condizioni di vantaggio rispetto ad altri al fine di permetterne il riallineamento (finalità questa al centro di ogni politica sia dei vari governi che della Comunità Europea).
Un piccolo esempio per illustrare il concetto: oggi ogni regione è chiamata a competere con le altre sui mercati; se metaforicamente parlando, in un’immaginaria gara dei 100 mt, gli atleti (le regioni) devono correre per vincere e alcuni di questi hanno in dotazione strumenti come le scarpette e le tute ipertecnologiche (le infrastrutture) ed altri invece indossano scarpette di piombo, come questi ultimi possono competere?
In una condizione normale vi sarebbero tre possibilità: la prima scelta è quella di escludere il concorrente che non è in condizioni di gareggiare (quindi eliminando il mezzogiorno dal Paese e rendendolo di fatto più povero). La seconda possibilità è quella di fornire anche a questo atleta gli strumenti adeguati (le infrastrutture), ma per fare ciò servirebbero risorse e molto tempo…, ed intanto? La terza possibilità è quella di concedere all’atleta che oggettivamente (e non per colpa sua) corre in una condizione di forte svantaggio, un vantaggio iniziale, una forma di compensazione che gli consenta di correre un tratto più breve rispetto agli altri che corrono più velocemente, al fine di dargli il tempo di liberarsi dalle zavorre che gli impedivano di essere abbastanza veloce da competere con gli altri.
Cosa intendo per compensatore? Una serie di strumenti che nel loro insieme riescano a rendere immediatamente “attraente” e competitivo un territorio, andando oltre gli handicap presenti:
a) Un’area a fiscalità ridotta. Credo che l’avvento della pandemia abbia aggravato di molto sia la nostra economia, nel caso della Calabria e del mezzogiorno in modo quasi irreversibile, che anche nel resto d’Europa. Tanti altri paesi, Europei e non solo, interverranno per rendere competitive le proprie aziende utilizzando l’arma della fiscalità. Quello che prima per esempio con le ZES (Zone Economiche Speciali) poteva essere considerato sufficiente, ora invece rischia di non esserlo. In quest’ottica, dal mio punto di vista, va individuato uno strumento che vada oltre la ZES, sia come copertura geografica dei territori beneficiati che come intensità dei benefici. Per questa ragione io parlo di un un’area a fiscalità ridotta, da intendersi estesa alla Regione Calabria o all’intero mezzogiorno. L’obbiettivo è quello di dare appeal a tutte le aree, anche quelle interne condizionate storicamente da molta povertà. L’ambizioso obbiettivo è quello di avere un territorio che abbia nella sua interezza le possibilità di essere attrattore di investimenti e generatore di sviluppo immediato. I benefici previsti che innescheranno economie importanti sia sul costo del lavoro che nella fiscalità generale, saranno destinati a tutte le aziende, sia già esistenti che nuove realtà frutto di nuovi investimenti, collocate nelle aree individuate. La mia idea di compensatore è quella che in altri luoghi d’Europa si è già realizzata con successo anche per casi simili. Un territorio con una fiscalità ridotta che consenta di poter compensare gli “handicap” infrastrutturali presenti. In questo modo, così come ad esempio avviene oggi in Irlanda, in Portogallo con l’Isola di Madeira, e nella famosa Olanda, si avrà un territorio in cui attrarre imprese e generare ricchezza.
Questo compensatore, quest’area di fiscalità di vantaggio, restituirebbe in modo semplice ed immediato competitività al territorio, al di là dei deficit infrastrutturali che potrebbero essere anch’essi sensibilmente ridotti in virtù dello sviluppo che si creerebbe. Non c’è nulla da inventare, questi strumenti hanno generato in breve tempo ricchezza occupazione e sviluppo in alcune aree d’Europa, perché non replicare tale modello nel mezzogiorno?
Questo strumento può innescare il cambiamento ed in un contesto come la Calabria ed il Porto di Gioia Tauro potrebbe cambiare le sorti del nostro paese in pochissimo tempo; si pensi a quanto avvenuto ad Amsterdam dove intorno al porto si è creato un sistema economico tra i più efficienti del nord Europa. Tutti gli operatori della logistica delle merci saranno spinti a venire in Calabria investendo importanti capitali. Si può parlare di crescita e sviluppo del retro porto, si può parlare di filiera agroalimentare avviando progetti di lavorazione anche con la piattaforma del freddo. Questi strumenti innescheranno uno sviluppo in tutti i settori, ma potenzialmente l’agroindustria sarà l’elemento che coinvolgerà geograficamente tutti i nostri territori vocati alle produzioni agricole. Lo stimolo del risparmio fiscale avvierà in modo automatico tutto questo. b) Ulteriori leve destinate alle micro e piccole realtà imprenditoriali. Ø L’accesso al credito. Venendo meno l’intervento di sostegno a fondo perduto che tanti danni ha fatto in passato, l’impresa si reggerà sulla base della competizione economica dovuta alla fiscalità di vantaggio. Per supportare sia nuove che vecchie aziende per le attività di avviamento o di riammodernamento è necessario consentire loro la possibilità di accesso al credito in modo veloce e diretto tramite le banche che devono concedere, dietro garanzie snelle quali da un lato il sostegno dei fondi di garanzia e dall’altro un possibile pegno sulle quote societarie. Si può immaginare di prevedere delle forme di mutui a 15 anni a tasso zero. Ø Delle forme di premialità rivolte al mondo scientifico delle università e della ricerca per avviare delle forme di stretto supporto alle aziende nei settori tecnologici. Si tratta di creare un sistema virtuoso di servizi avanzati alle aziende nel settore della progettazione e ricerca tecnologica, oltre a connessi servizi legati all’internazionalizzazione. Creare una sorta di “incubatore” al servizio del sistema imprenditoriale che possa supportare le stesse nell’innovazione tecnologica e nell’accesso ai mercati internazionali. Ø supportare con adeguati programmi la formazione, l’aggiornamento e le riconversione del personale. c) Un obbligo di reinvestimento di parte degli utili conseguiti in tali territori dal sistema bancario e finanziario, che avrà importanti benefici dalle aree a fiscalità di vantaggio e dalla ricchezza economica in essi generata, in un fondo destinato allo sviluppo infrastrutturale del territorio.
La situazione di degrado e povertà in cui si trovano già alcune aree del paese si aggraverà certamente a causa degli effetti devastanti della pandemia, con il rischio concreto di far degenerare una situazione già compromessa. Stiamo quindi parlando di un progetto di rilevanza strategica per l’intero Paese che possa raggiungere l’obiettivo, fino ad oggi fallito da tutti, di “omogeneizzare” il livello di sviluppo del proprio territorio, evitando di sperperare inutilmente, come avvenuto finora, ingenti capitali e tentare in tempi rapidi di dare risposte concrete e speranze nel futuro. Tutto questo progetto si deve inoltre reggere su dei pilastri fondamentali senza i quali è inutile ogni altra attività: la legalità e la ricostruzione del “brand Calabria” o “brand mezzogiorno” come sinonimo di positività.
Ø La legalità, con una strategia da parte di tutto l’apparato statale nelle sue varie articolazioni finalizzata a combattere la criminalità, adeguando gli strumenti legislativi a tali obbiettivi. Questa è una precondizione che non può venire meno. Vanno individuate delle norme chiare che debbono dare la possibilità allo Stato di sconfiggere la criminalità con norme autorevoli ed efficaci e che trasmettano ai cittadini quella sensazione di tutela e garanzia che sino ad oggi non c’è stata. Il Governo deve dimostrare con atti e fatti di agire in modo determinato nella lotta contro la più potente organizzazione criminale al mondo, trasmettendo un messaggio forte e chiaro che i cittadini tutti sono tutelati dallo Stato e dalle leggi ed i criminali vengono perseguiti senza nessun compromesso. Oltre alla lotta alla criminalità, bisogna inoltre predisporre una serie di norme per punire in modo chiaro e forte coloro i quali commettono reati finanziari legati alle opportunità delle no tax area. Vanno definite norme che puniscano i colpevoli di comportamenti che violano le norme (societarie, finanziarie, fiscali e del lavoro) revocando immediatamente i benefici e bloccando le attività. Ø Avviare un’attività di comunicazione internazionale in cui si rappresenta l’orgoglio e la determinazione di un Paese tutto di essere protagonista del proprio domani, evidenziando le capacità e dimostrando a tutti, investitori ed operatori, che la Calabria ed il mezzogiorno sono luoghi sicuri, belli e pieni di opportunità. Questo è il mio progetto, la mia idea, figlia certamente della mia esperienza e del mio vivere questa terra.
Mi permetto infine di evidenziare alcuni aspetti:
- Non stiamo assolutamente parlando di assistenzialismo, ma al contrario di destinare in modo efficace gli ingenti soldi pubblici destinati al mezzogiorno che sino ad oggi non hanno portato a nulla e che certamente hanno arricchito tantissimi “prenditori” criminali e non, sia del sud che in buona parte del nord (le cronache giudiziarie sono piene di truffe fatte ai danni dei fondi pubblici destinati al sud da parte di pseudo imprenditori del nord).
- Questi strumenti annullano gli investimenti a pioggia ed a fondo perduto e vengono invece vengono destinati in maniera mirata all’abbattimento della fiscalità.
- Tali strumenti porteranno elementi positivi anche per le casse pubbliche: l’emersione del lavoro nero, la creazione di occupazione e sviluppo genereranno ricchezza. Inoltre la crescita e lo sviluppo farà risparmiare in modo sostanziale notevoli risorse pubbliche destinate all’assistenza, al “welfare”.
La questione “meridionale” si trascina da tempo immemore ed ha portato a conseguenze drammatiche, materiali e non. Abbiamo a questo punto l’obbligo di guardarci indietro, di vedere quali errori abbiamo commesso e quanti disastri, quanti drammi sono avvenuti.
Povertà e sottosviluppo che ne sono derivati hanno e stanno costringendo un popolo ad “elemosinare” diritti e speranze. La privazione di diritti primari, salute, libertà, infrastrutture etc, rende la popolazione schiava e tutti noi sappiamo bene che questa situazione ha portato negli anni ad una forma di assuefazione, ad una “normalizzazione” del male, del sottosviluppo. Questi elementi sono stati e sono la morte della democrazia in quanto costringere un popolo al “sottosviluppo” significa schiavizzarlo e renderlo succube del potente di turno.
La povertà il sottosviluppo da una parte e la presenza della più potente organizzazione criminale al mondo, sono stati e sono il mix esplosivo che ha fatto perdere il “controllo del territorio” allo Stato.
Non è mia competenza e né voglio fare un saggio socio-economico sull’incidenza della criminalità nel territorio, ma tutti noi dobbiamo avere l’onesta intellettuale di rappresentare che il meridione, e la Calabria in particolare, vivono un contesto in cui la “democrazia” è limitata. Al di là delle insofferenze che queste affermazioni possono suscitare nei “liberisti”, occorre avere il coraggio di evidenziare come questa condizione di povertà diffusa ed arretratezza sono l’humus in cui si radica una cultura filomafiosa ed assistenzialista che blocca ogni possibilità di sviluppo e crescita sociale; il negare ciò significa di fatto voler avallare ancora questo stato di cose.
Questi territorio, grazie anche all’assenza dello Stato, di tutte le Istituzioni, ha normalizzato tutto ciò, come una sindrome di Stoccolma in cui si “inneggiano” i carnefici.
Il futuro della Calabria deve passare obbligatoriamente dalla determinazione dei calabresi a voler cambiare, i primi “soldati al fronte” della “rivoluzione sociale” devono essere i calabresi. Dobbiamo dimostrare a noi stessi ed agli altri che sappiamo determinarci e sappiamo combattere le nostre battaglie per un cambiamento.
Un cambiamento di tale portata deve essere “innescato” dalla reazione della popolazione tutta, ma ciò non potrà mai essere possibile se il contesto socio economico sarà impregnato di povertà.
Il danno fatto dalle vecchie politiche di riallineamento del mezzogiorno sta proprio nel fatto che ha consolidato uno status di “povertà” che ha appiattito le speranze.
Va costruito un clima diverso, un clima positivo in cui le popolazioni sono chiamate a fare la propria parte a “combattere” ed a fare sacrifici ma con l’obiettivo di uno sviluppo economico e sociale; ma in un contesto di post pandemia come potrà essere possibile?
Se non creiamo ricchezza o la speranza di essa come possiamo generare il cambiamento?
E si badi, non si parla solo di una ricchezza materiale, ma culturale, di un insieme di valori che portino le persone a fidarsi dello Stato ed abbandonare quella cultura dell’antistato, della mafia, che sino ad oggi ha condizionato le loro vite.
Noi tutti abbiamo il dovere, di fare l’impossibile per innescare una rivoluzione sociale, pur se in questo contesto stiamo anche assistendo ad un forte presenza politica di fenomeni separatisti ed estremisti, certamente figli di ignoranza, che vedono nel meridionale un diverso, un “inferiore”, e che non saranno certo di aiuto a nessuna politica di sviluppo per il sud.
Qualsiasi “ricetta socio economica” deve tenere conto del particolare contesto nel quale le stessa va calata ed anche di un elemento determinate, il tempo.
Lavoro, speranza sono gli elementi su cui puntare, ma sono elementi che vanno avviati subito, non abbiamo più il tempo di aspettare decenni; ogni attività di ripartenza va programmata, almeno in queste aree molto provate, con ritorni immediati.
Il mio progetto di No Tax Area risponde a questi requisiti, risponde ai bisogni di creare ricchezza, risponde al bisogno di strumenti immediati, è uno strumento semplice che da solo può innescare quella rivoluzione necessaria ad affrontare una volta per sempre il problema del mezzogiorno, basta la volontà politica di voler procedere.
Comprendo che molti economisti la pensano in modo diverso, ma francamente non ho voglia di aspettare sopra l’argine di un fiume che passi sotto di me il cadavere della mia terra.
I Calabresi, i meridionali, stanno rivendicando il diritto di non essere “tenuti” in una gabbia di arretratezza in cui sono stati “volutamente” imprigionati da decenni, ma vogliono divenire ora i protagonisti attivi del loro domani con uno strumento che possa consentirgli di essere competitivi, scrollandosi finalmente di dosso la povertà e riappropriandosi della propria dignità di cittadini al pari degli altri.
Come cittadino ho preferito esporre il mio punto di vista con per dare un contributo alla mia terra, spetta alla politica fare la propria parte.
Antonino De Masi
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